Con i due nuovi premi vinti nel Concorso “Lingua Madre”, svoltosi in questi giorni, l’Albania conquista infatti la terza stella nel medagliere della narrativa femminile d’emigrazione.
Giunto alla sua V edizione, il Concorso, promosso dalla Regione Piemonte e dal Salone del Libro, si rivolge a tutte le donne straniere residenti in Italia che vogliano raccontare, e raccontarsi, in lingua italiana. Grazie a questa iniziativa, autrici di ogni nazionalità, dall’Asia all’America del Sud, Africa ed Europa tutta, danno voce alle proprie esperienze nel Paese d’adozione e di cui, a loro volta, hanno adottato la lingua. O forse, considerando il titolo del concorso, si potrebbe dire che è la lingua italiana ad aver adottato loro e le loro paure, emozioni e speranze?Già la precedente edizione, dicevamo, era stata vinta da un’autrice albanese, Alketa Vako Kosova, con il racconto “Fratello Sole, Sorella Luna”. Eproprio ad Alketa, madrina della manifestazione,è toccato premiare la sua connazionale Kamela Guza, vincitrice di Lingua Madre 2010 con il racconto “Il luogo dei confini”, nella cerimonia del 17 maggio, presieduta da Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone del Libro.
Al secondo posto e terzo posto si sono classificate l’iraniana Leila Mirkamali e la croata Monica Vodarich (tutti i testi possono essere ascoltati on line su www.meltinglab.it ).Una bella soddisfazione, portare l’Albania sul podio più alto per due anni consecutivi; ma c’è di più, perchéanche il Premio Speciale “Torino Film Festival”, assegnato al racconto ritenuto più adatto a una trasposizione cinematografica, è stato vinto da una giovanissima albanese, la ventiquattrenne Leoreta Ndoci, autrice di “Burrnësha”. Dunque, tre successi nel giro di un anno, come ha sottolineato con soddisfazione il console d’Albania a Milano, dott. Gjon Çoba, consegnando i premi alle sue connazionali. Il racconto di Kamela Guza, nata a Durazzo nel 1986, parla di una giornata come tante, purtroppo. Sì, perché giornate come quella vissuta dalla protagonista, cominciata in un’alba gelida nel cortile di una questura, nella speranza di conquistare un numero per partecipare alla lotteria dei permessi di soggiorno, rappresentano la quotidianità per centinaia di migliaia di immigrati nel nostro Paese. Protagonista del racconto di Leoreta Ndoci è invece una burrnësha, vale a dire una ragazzache a un certo punto della sua vita comincia ad assumere abitudini e comportamenti maschili. Quello della donna – maschio (tale appunto il significato di burrnësha), è una figura antica della tradizione albanese, tuttora molto presente nell’ispirazione dei narratori contemporanei. Per la scrittrice Elvira Dones è la “vergine giurata”, protagonista del romanzo omonimo, oppure è“la maschia”, come la chiama Antonio Caiazza, che “In alto mare”ne mette a nudo il rimpianto per la maternità negata.
Leoreta Ndoci è nata a Shkodra. Laureata in Italianistica, vive a Cuneo, dove è Mediatrice Culturale. Fra i suoi scrittori preferiti, Massimo Carlotto, Alda Merini, Roberto Saviano. Intorno a “Lingua Madre “ ruotano tante altre iniziative in tutta Italia: seminari, laboratori di scrittura e teatrali. Dall’anno prossimo, il concorso si apre alle immagini: si potrà infatti partecipare non più soltanto con testi narrativi, ma anche con foto e audiovisivi. Per le aspiranti scrittrici che avessero difficoltà a esprimersi in italiano, niente paura: il concorso ammette, anzi incoraggia, la scrittura a quattro mani in collaborazione con donne di madrelingua italiana, in perfetta uniformitàcon lo spirito di questo concorso, che mira a far emergere, valorizzandole, le diversità culturali. A questo punto, non resta che armarsi di penna, pc o macchina fotografica, pensando già all’edizione dell’anno venturo (informazioni sul sito www.concorsolinguamadre.it ).