L’articolo che segue è un pamphlet realizatto da Olti Buzi e da Darien Levani, con l’aiuto fondamentale di Alessia Giannoni del Cospe. È stato stampato e distribuito durante il secondo meeting della MIER che si è svolto a Bologna il 13-14 Novembre. Si tratta di un intervista collettiva fatta ai membri della rete MIER i quali si interrogano sul loro percorso e sul loro futuro. Per ragioni di lunghezza posttiamo solo l’introduzione di Darien Levani, mentre l’intervista completa può essere scaricata in formato Word o PDF. Buona lettura
Introduzione
a cura di Darien Levani – Albania News
Ci risiamoAd un anno di distanza MIER, mossi i primi passi, cerca timidamente di prendere il largo e salutare più gente possibile nel secondo appuntamento dal giorno della sua presentazione.
Non é stato un percorso facile, e la parte difficile deve ancora arrivare. Con il sostegno della Regione e con il lavoro dell’ instancabile Cospe si é finalmente giunti a creare la Rete, MIER appunto, concetto e fatica espressa qui in appena tre righe ma distribuite in più di 20 mesi di lavoro.
Mi sono chiesto più volte (intimamente per non frenare l’entusiasmo di alcuni amici o per non incoraggiare oltre il pessimismo degli altri) quale fosse l’obiettivo finale di questa rete che abbiamo messo su a fatica. In tempi come questi dove ” C’é un albanese, un cinese, un camerunese…” sembra l’inizio di una barzelletta razzista, la nostra finisce con l’unione di oltre venti testate, e non fa molto ridere, solo sorridere e sperare.
Mi rimane il dilemma dell’obiettivo finale, che non può non essere la ricerca dell’informazione. Eppure, nel nostro caso la conoscenza é molto più complessa in quanto, volenti o nolenti, forse abbiamo anche un ruolo di rappresentanza che ci é stato “affibbiato” dalle condizioni socio-politiche nelle quali operiamo. In qualche modo dunque tutto quello che scriviamo diventa inevitabilmente anche una risposta e un prendere le distanze dalla politica del contrasto, della ricerca continua del nemico nel diverso e del diverso nello straniero & company. Non é un ruolo facile e so che in tanti tra di noi ne avrebbero fatto volentieri a meno, per concentrarsi solo su quello che sanno fare: scrivere, informare, comunicare. Ma non sempre ci é stato concesso di scegliere chi essere, e l’abbiamo accettato cercando di fare del nostro meglio.È la confusione e l’incontro di questi due ruoli che si toccano e si lasciano come due binari paralleli che, a mio avviso, rende unica e accattivante l’esperienza MIER e quella delle testate interculturali in generale. Una sorta di equidistanza dal proprio Paese e dalla stessa Italia ( la prima per ragioni geografiche, la seconda per altre ragioni ) ed altresì la distanza tra i propri connazionali e gli italiani ( ambedue per altre ragioni ) che diventa preziosa quando si tratta di leggere e descrivere qualsiasi notizia o opinione degna d’interesse.
Perché noi, che siamo un po’ strani e che dunque nella democrazia dell’ integrazione e nella forza delle parole continuiamo a credere nonostante tutto, e per di più scendiamo in strada per raccontarla, cerchiamo il dialogo con tutti anche se lo troviamo solo con alcuni, noi che per assurdo facciamo il lavoro sporco che i giornalisti italiani non vogliono più fare, quel cercare di capire e cercare di raggiungere l’identificazione possibile tra le varie nazionalità che calpestano suolo italiano. Quel dire che le cose sono più complicate, che la situazione come la vedono gli altri appare come minimo un po’ sfuocata ed infedele, che solo guardando da vicino si può capire di cosa stiamo parlando; insomma, mai dare per scontato che tutti conoscono la ricetta per preparare l’acqua calda.
Nascono dunque da una doppia esigenza tutte le varie testate che compongono la rete MIER. Da una parte l’infrangibile necessità di scrivere, raccontare, testimoniare e dall’altra quella di partecipare attivamente alla vita del paese. Guarda caso la Rete va a coprire una consistente porzione nella quale c’é una grande mancanza, giustificata a volte da ragioni di mercato o ignoranza nel senso puro del termine ed altre volte dalla malafede. Èd è anche per questo che il percorso e la ragione sociale della MIER é segnato fin dalla nascita, in quanto non può fare che riempire questa mancanza, avendo la certezza di non poter fare peggio di tanti altri giornali. Una specie di rete ombra che corrisponde a dei cittadini ombra.
Ma oltre all’informazione pura, MIER si scontra e si confronta inevitabilmente anche con le varie problematiche, come avrete modo di leggere nell’intervista che segue, realizzata con la partecipazione di alcuni dei principali esponenti della Rete. Ci si trovano le paure e i dubbi che accompagnano quotidianamente i nostri lavori. Si trova però, inevitabilmente, anche la speranza di poter cambiare la realtà esterna tramite il nostro lavoro e tramite quello che raccontiamo.
interviste_multiple_membri_Rete_MIER.pdf