“Il cinema, arte figurativa in movimento”, cita Federico Fellini.
Per quanto riguarda la cinematografia albanese, essa può vantarsi del fatto di avere vissuto ed affrontato, oltre al ‘movimento’ figurativo di per se, anche quel movimento che si riferisce soprattutto alle epoche da essa attraversate in un Albania di mezzo secolo di dittatura, di un Albania dalla lunga e sofferta transizione che sembrava non terminasse mai con tutti i suoi effetti e, dell’Albania attuale.
L’Albania può vantarsi delle sue icone della cinematografia e del teatro, formate lungo quei anni – indubbiamente, di una vita difficile in generale per tutto il popolo – dal loro canto, dotati di disciplina, di una preparazione seria e di qualità professionali ed artistiche che senza esitazione, potrebbero venire paragonati con dei divi che, in altri contesti nel mondo, hanno probabilmente avuto altre opportunità di essere conosciuti, mettere in discussione le loro capacità interpretative o apprezzamenti.
Uno di questi colossi della cinematografia albanese, è l’attore e regista, Mevlan Shanaj.
Chi è Mevlan Shanaj?
Mevlan Shanaj, insignito dell’onorificenza Ordine al Merito per Artisti, è una figura molto nota nella cinematografia albanese come attore di uno dei più alti livelli, come regista per il cinema e la televisione, come produttore televisivo e docente in regia presso l’Accademia delle Arti a Tirana.
Lui nacque il 7 febbraio 1945 a Fier, Albania.
Dal 1987 al 1992 è stato Direttore del Dipartimento del Film alla rete nazionale della Televisione Albanese e Membro del Consiglio Artistico del “ Gruppo selettivo dei Film” a Cannes, Praga, Budapest, Bucarest. Si allontana per quattro anni dalla televisione e ne fa ritorno nel 2001 come Direttore del Dipartimento del Film e dello Spettacolo alla Tivù Statale Albanese. Nel 2001 inizia l’attività del produttore e del regista con “Zig-Zag” Film. Nel 2005 – 2006 ha esercitato la professione del docente nell’Accademia del Film e Multimedia “Marubi e fino ad oggi, nell’indirizzo di regia all’Accademia della Arti. Nel 2008 gli fu conferito il titolo “Grande Maestro”.
Ha interpretato nei film:
Alla ricerca di chi ( 2009)
Fiori rossi, fiori neri ( 2003)
Le vittime del Tivar ( 1991)
Io amo Era ( 1991)
La primavera non arrivò da sola ( 1988)
Il piccolo assedio ( 1986)
Di fronte ( 1979)
I vicoli che richiedevano del sole (1975)
I monti ricoperti di verde ( 1971)
Gli audaci ( 1970)
L’ottavo in bronzo ( 1970)
Come regista:
Fiori rossi, fiori neri ( 2003)
Bianchi fogli ( 1990)
Ti guardo negli occhi ( 1986)
L’indimenticabile ( 1984)
Un telegramma, una canzone ( 1982)
Proiettili all’imperatore ( 1980)
I corrieri ( 1976)
Documentari:
Tefta Tashko; Marije Kraja; Berat ; Quattro mattine; La via b. quattro ; Lasgush Poradeci ; Uno accanto all’altro; Komani; Pandi Raidhi; L’albanese in ritardo; Le strade; La Bibbia ed il Corano; Invito da Ilir; Le lettere dell’ Indipendenza.
Salve sig. Mevlan, ho il piacere di darle il benvenuto su ALBANIA NEWS.
Grazie.
Auguro che abbiate sempre più lettori e che possiate offrire quanto più informazioni serie, ininfluenti negativamente o parziali. Auguro che Albania News a Modena sia quantomeno fonte d’ispirazione per i nostri connazionali.
“L’attore finge, l’attore gioca, l’attore si trasforma in..”
Riescono davvero tutti questi ‘atti’ e da parte di ogni attore? Che sia così facile?
L’attore si educa, si istruisce, si allena, si esercita, si guida, si controlla, si trasforma.
Ogni cosa si ottiene attraverso un lavoro creativo analitico, competitivo e sempre esigente. Non esiste un attore che finga, l’attore trasmette la credibilità della sua trasformazione, offrendo la reincarnazione di ciò a cui voi credete maggiormente. Voi credete di più a colui che è onesto con voi, piuttosto che ad un impostore. L’inganno nell’arte è molto sofisticato, il che vuol dire che la gente in generale, non lo riesce a cogliere. La creatività e ‘l’inganno artistico’ raggiungono un livello di perfezionamento ed il pubblico in sala si suggestiona dalla magia della trasformazione, quando quest’ultima viene effettuata con maestria.
Un attore, per riuscire a convincere il pubblico in ciò che intende esprimere in un determinato momento d’interpretazione, di quali doti dovrebbe essere in possesso?
Non ci sono doti, c’è maestria di comunicazione ed impegno collegato alla capacità espressiva, diversamente chiamato ‘talento’. Non c’è una professione in arte che si possa svolgere senza possedere alla base il talento, ed in seguito, il lavoro continuo. L’arte dell’artista, è l’arte dell’esercitazione e della trasformazione, percependo e sapendo scegliere selezionando, creando il carattere e conservando la misura.
Il talento inizia e termina con la capacità di sorprendere: una volta perse le sorprese, verrebbe persa l’arte.
La mimica facciale, nell’attore è una cosa innata o una cosa che si acquisisce?
L’attore interpreta, crea e interagisce per cui, l’aspetto esteriore o la mimica come lei la definisce, non sono uno scopo a parte. Essi derivano dalle sensazioni e dalla formazione del carattere a seconda delle circostanze.
Inerente a questa domanda c’è un esempio sullo schermo che riguarda Charlie Chaplin. Lui creava con i gesti e la mimica ai tempi del cinema muto. Invece oggi, ogni altro attore crea il carattere e non la mimica.
Lei ha attraversato due epoche fondamentali della cinematografia albanese – inerenti a fasi decisive della politica e della società albanese – lo scontro tra il film ideologico ed il vero film, quanto costa ad un attore?
Che sensazione percepiva Mevlan, un giovane attore talentuoso nella sua professione, mentre doveva affrontare il severo dettato della sceneggiatura oppure della censura?
Oggi si discute e si infanga spesso quel periodo. Le cose vanno discusse con il ragionamento tempestivo coerente ed appartenente al determinato spazio temporale. Nella nostra comunità agiva generalmente la censura, quanto l’autocensura. Io non sono mai stata una persona legata e coinvolta alle strutture interne del partito di quei tempi, in quanto non appartenevo alle sue file d’ iscritti, ma c’erano degli attori o registi che erano membri tesserati, e chi più, chi meno, erano sottoposti all’ideologia rispettiva al tempo. Io mi considererei un eterno liberale, un po’ difficile da essere messo in riga, ma affatto un ribelle. Sono tanti i casi in cui ci hanno costretti a intervenire nei nostri lavori.
Possiedo anche un documentario sulla città di Berat che non ha mai fatto la sua apparizione allo schermo, nonostante i considerevoli apprezzamenti ad esso riservati da parte dei membri della Televisione Statale Albanese, oppure un attacco ben studiato per il film “ Bianchi fogli”, che ha portato fino alla minaccia di mia moglie, Natasha, come sceneggiatrice, per negarle il diritto alla creatività. Esiste una lettera da parte nostra (Natasha Lako e Mevlan Shanaj), come autori del film “Bianchi fogli”, indirizzata a quei tempi a Ramiz Alia, in cui chiedevamo o la sospensione dell’attacco nei nostri confronti, oppure l’emissione della nostra eventuale condanna.
Lei ha interpretato soltanto dei ruoli da protagonista. Di conseguenza i suoi partner sono stati il meglio della cinematografia albanese.
E’ più facile lavorare con attori di alto livello e ben noti, oppure con giovani attori? Ci sono dei pro e dei contro in entrambi i casi?
Quando incontrai per la prima volta i colossi della scena e dello schermo come: Sandër Prosi, Kadri Roshi, Pandi Raidhi ecc.. nel film “L’ottavo in bronzo”, indubbiamente avvertii della timidezza, ma mi considerai fortunato in quanto più avanti, loro divennero anche attori dei miei stessi film, a cui facevo da regista e da queste collaborazioni conservo tuttora la maestosità della loro semplicità e la dedizione amichevole, con i quali più avanti legai un’amicizia inestimabile.
Non mi è mai capitato nella vita di trovare un attore più disciplinato davanti alla cinepresa quanto Kadri Roshi, oppure l’amicizia e l’intrattenersi nelle tarde ore con Sandër Prosi, aspettando le riprese dell’indomani sul set, o l’amicizia con il più noto cineasta di quei tempi, Bujar Lako.
Invece, dei nuovi attori conservo diverse esperienze, ma distinguerei la collaborazione con l’ attore Kastriot Çaushi, agli inizi della sua attività, nel film “ Proiettili all’imperatore”. Si è trattato di una splendida collaborazione, trasformata in un’amicizia molto duratura.
La sua collega preferita?
Ho avuto ottime collaborazioni con l’attrice nota Yllka Mujo, sia come collega, sia come attrice sotto la mia guida come regista.
Invece, delle attrici straniere, specialmente italiane, quale sarebbe la sua preferita come eventuale co – protagonista di un film in collaborazione?
Nella mia prima gioventù, ho ammirato Anna Magnani, Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale e sempre tempo fa, Marcello Mastroianni o Alberto Sordi, Vittorio Gassman.
Da giovane, c’era in particolare un attore che lei imitava, il suo idolo?
Non credo che le imitazioni siano consigliabili, ma le ispirazioni sì. In arte, l’imitazione ha la vita breve, ognuno tenta di essere se stesso.
Sono diversi gli attori che ho ammirato, ma la mia considerazione nei loro confronti a lungo andare, è mutata. Costante invece è rimasta la mia considerazione per il grandioso Marlon Brando.
I suoi ruoli da protagonista, spesso sono stati caratterizzati da un denominatore comune: le doti organizzative e quelle di dirigere nel ruolo, la tenacia, la determinazione e lo spirito di responsabilità.
Quanto, questi elementi trovano spazio anche nel suo temperamento e nella sua vita reale?
Affatto o pienamente. Affatto, fisicamente e pienamente, dal punto di vista spirituale.
Il processo creativo dell’attore non è collegato allo stato attuale, forse è più probabile riviverlo mentre ti ritrovi in circostanze già provate, ma ad ogni modo la creatività è parte della trasformazione e quest’ultima avviene come risultato della conoscenza e della riattivazione cosciente dell’esperienza e della logica.
Come il personaggio da lei interpretato con maestria, ‘Nebi Surreli’, colui che svolgeva dei lavori molto pesanti nel film di un po’ di tempo fa, “ I vicoli che richiedevano del sole”, – ma attuale – le è capitato di incontrarne uno simile tra gli albanesi di oggi?
Credo che oggi, mentre la disoccupazione è molto evidente, ce ne sono parecchi di ‘Nebi Surrel’, per non aggiungere che “Il Poema della Miseria” del poeta Migjeni, dovrebbe essere riproposto dai tanti canali televisivi albanesi, che maggiormente sono riempiti dai decori pubblicitari umani, dalla minore percentuale ossia della percentuale molto bassa imponente di questa società dai problemi seri di sopravvivenza.
C’è un ruolo che – affidatosi ad un suo collega – avrebbe preferito fosse stato interpretato da lei?
No, non ce n’è, io ho partecipato ad un film, quando mi è stato possibile come attore ed ho realizzato dei film come regista, quando mi si sono create le dovute opportunità.
Indubbiamente, ce ne sono parecchi di casi in cui non ci si riesce a realizzare ciò che si è desiderato oppure che si è sognato.
Nel caso in cui realizzasse un seriale televisivo come regista, quale sarebbe secondo lei, la tematica più amata dal pubblico albanese oggi?
Un‘ idea in me sempre più presente è quella sulle relazioni giudiziarie.
Un seriale che avrebbe un buon materiale comunicativo, in quanto non sono pochi i casi della corruzione giudiziaria, oppure dei drammi all’interno delle famiglie, non solo dal punto di vista morale, ma soprattutto sulla proprietà.
Un’ampia tematica per la società traumatica albanese.
Se invece lei personalmente, oggi iniziasse il ‘disegno’ di uno scenario, quale la tematica da lei prescelta?
Sto elaborando uno scenario sul tema “dell’ Attesa”.
Una persona, qualora aspettasse qualcosa, avverte dell’ incertezza, della tensione e questo si verifica specialmente in una coppia attorno ai 60 -70 anni, mentre iniziano anche le tensioni dal punto di vista psicologico, oppure compaiono dei disturbi della salute.
Da regista, c’è un suo film che può considerare come il più ambizioso?
Forse “Proiettili all’imperatore” oppure “ Fiori rossi, fiori neri”. Non sono ancora riuscito a risolvere questo dilemma.
Nei film da lei interpretati, c’è una colonna sonora che le è rimasta impressa particolarmente? Chi, il compositore albanese?
Durante la mia carriera ho lavorato con i noti compositori del film, quali: Limos Dizdari, Kastriot Gjini e Josif Minga, Hajg Zaharian, Aleksandër Lalo e, particolarmente con Kujtim Laro, il quale secondo noi, è considerato l’Ennio Morricone della musica albanese. La più recente musica da lui realizzata, è parte della colonna sonora del mio film “ Fiori rossi, fiori neri”, indubbiamente una delle realizzazioni musicali più riuscite dello schermo albanese, per cui è stata premiata come migliore colonna sonora nel festival di turno del film albanese, così come, dello stesso film è stata premiata anche come migliore camera, quella di Afrim Spahiu.
Se Ennio Morricone esprimesse il desiderio di comporre la colonna sonora di un suo film, quale film gli affiderebbe per questo intreccio?
Il film che devo ancora realizzare.
L’esperienza più significativa come regista per lei?
Costituisco un caso raro nello schermo albanese, in quanto ho avuto l’opportunità di apparirvi in tutte le posizioni. Ho iniziato come annunciatore del telegiornale mentre ero ancora uno studente, in seguito come attore in “L’ottavo in bronzo”, regista fondatore e sperimentale alla Tivù Albanese in tutte le sue rubriche – escluse quelle politiche – sebbene anche quest’ultime non avrei poi potuto evitarle del tutto.
Durante la mia vita, nello schermo ho fatto l’attore, l’annunciatore, lo showman, il regista da documentario, di reportage, teatro, humor, film sia del grande, che del piccolo schermo, l’autore realizzatore, facendo tutto da me e, diverse volte, anche il produttore ed il docente.
Il più significativo per me rimane il set da ripresa. Là mi sento pieno di energie e sempre, sono altrettanto felice, quanto emozionato. Là sento di possedere del potere, invece in ogni altro lato della vita, ho come l’impressione che tutti gli altri siano più avanti di me di qualche passo.
Film artistico o documentario?
Ho esercitato un’ampia esperienza di alcuni anni nella Televisione Statale Albanese. Là ho esplorato ogni genere televisivo, fino ad arrivare al film artistico. Io non sono riuscito a realizzare il film televisivo, sebbene ci sono alcuni film realizzati dalla Tivù Statale Albanese, io ho creato il film cinematografico in televisione, indipendentemente dalle tecniche utilizzate. Nel mio lungo percorso creativo, dal 1968 ad oggi, sono diversi gli esempi che mi sono rimasti impressi.
Può darsi il mio primo film, potrebbe anche darsi quell’ultimo, ma potrei dire che ogni volta che inizio un lavoro, provo delle emozioni come se fosse la prima volta, non sentendomi mai riuscito, ma continuamente in ansia. Può darsi, l’avventura del mio primo film come regista,( I corrieri 1975) oppure la grandezza del film “ Proiettili all’imperatore” ( 1980), ossia l’attacco e l’aggressività politica del tempo che correva nel film “Bianchi fogli” agli inizi degli anni ’90, le difficoltà finanziarie nel “ Fiori rossi, fiori neri” ( vincitore a New York nel 2004), oppure il documentario “ Le vie” ( 1997), dunque, sono parecchie queste impressioni, o meglio: nella creatività non c’è mai un momento di serenità.
Una volta, gli impedimenti venivano causati da parte delle commissioni, oggi, a causa della mancanza dei mezzi finanziari.
Regista e produttore. Quando entrambe queste figure non si identificano in un’unica persona, quanto ne risente l’andamento di un film?
Nell’andamento di un film l’elemento fondamentale è la drammaturgia. Un buon scenario, per un buon artista, è da considerarsi una fortuna, in quanto saprà sempre e comunque arrivare al pubblico.
Colui che crea, è sempre in contrapposizione con il denaro, lui instaura un rapporto di amicizia solamente con la creatività.
Generalmente credo che non godono di nessuna amicizia i produttori con i creatori.
Oggi, ciò che aiuta a farti presentare in modo immediato e rapido, sono l’apparenza, la superficialità.
Potrebbe questo diventare causa di un’eventuale illusione nei giovani, da far loro credere che ciò sia legato allo stesso rapporto anche con l’interpretazione nell’arte?
Quali i consigli che darebbe ai giovani aspiranti attori?
Non intendo dare dei consigli. Un po’ di tempo fa ho pubblicato un libro “ Lo schermo è il sogno stesso”. Lì si ritrovano i percorsi espressi dall’esperienza dei cineasti mondiali, così come il mio, su come si raggiunge un sogno. E’ unicamente il lavoro e solamente il lavoro assiduo con la passione, che portano alla fermata a cui ci si aspira, ma a volte, anche la casualità. Però, a quest’ultima non bisogna fare affidamento, il cammino inarrestabile e sempre in ascesa, sono una necessità nell’arte della scena e dello schermo e sicuramente, la freschezza rimane una magia per ogni artista.
Le icone della cinematografia albanese: secondo lei, sono state rispettate e premiate adeguatamente per i loro meriti eccellenti in quest’ambito in Albania?
Penso che questa domanda abbia due risposte.
In primo luogo, il rispetto e l’apprezzamento per tutti coloro che hanno contribuito alla scena ed allo schermo albanese, rimane intatto e costante da parte di tutto il pubblico, il quale è sempre stato il suo inarrestabile ammiratore.
In secondo luogo, collegato al fatto se nei loro riguardi, fossero stati effettuati dei riconoscimenti economici, penso che gli artisti stessi, siano una parte inseparabile di tutta la società albanese, in tutti gli ambiti.
Gli artisti non arrivano da un altro pianeta, loro sono nati dal proprio popolo e diventano grandiosi, solo se sanno rappresentare degnamente quella società da cui provengono. Alla fine, i miti e le leggende, ogni società li crea per la sua propria maestosità.
Il suo matrimonio esemplare per la durata e l’andamento: quanto è importante, specialmente nella sua professione, la capacità di una buona gestione familiare?
La famiglia ha sempre costituito per me, la chiave del successo nella mia professione. Ho percorso insieme a mia moglie Natasha, ogni mia creazione e soprattutto quelle in cui io faccio da regista e lei da sceneggiatrice.
E’ stato certamente un bel viaggio, ma ha contenuto tanti sacrifici, specialmente nella nostra prima gioventù, quando il lavoro era tanto e i nostri figli piccoli. Tutto ciò non ci sarebbe stato reso possibile, senza l’aiuto inestimabile della madre di mia moglie, Margarita Lako, nella cura dei nostri due figli, Hera e Joni.
Il suo percorso professionale, è seguito da qualcuno dei suoi figli?
Sì, da mio figlio Joni Shanaj, lui è regista ed antropologo. E’ riuscito nella regia del film con successo, fin dall’inizio della sua carriera, sia con il documentario “Ivi Tirana Punk”, così come di recente, nel lungometraggio artistico “Pharmakon”, che secondo la critica specializzata, è stata una novità gradevole per lo schermo albanese.
Come vive l’essere ‘nonno’? Ad un nonno attore – al posto di una favola – gli capita mai di raccontare ai suoi nipoti qualche storia o frammento tratto da un suo film?
L’arrivo dei miei due nipotini è una delle sensazioni più belle della mia vita. Loro sono due gemelli e quella mattinata del 16 agosto 2010, insieme a Natasha, la conserviamo come l’emozione più bella ed inestimabile, in quanto ci trovavamo accanto alla stanza in cui stava avvenendo il loro arrivo e sentivamo da vicino il loro primo vagito. E’ da un po’ che hanno iniziato a seguire le favole che sono più che altro, sotto la cura di mia moglie, in quanto a me, trovandomi un concorrente come l’Ipad, non posso essere ciò che lei mi sta domandando.
Futuri progetti professionali?
Continuo ad impegnarmi con dedizione all’Università delle Arti con gli studenti della regia del Film e della TV per master, senza fermarmi, alla ricerca continua del contatto con gli ascolti attraverso lo schermo.
Il più recente dei miei lavori è stato un documentario sull’attore Ndrekë Luca, il cui è stato preceduto da un altro sull’attore Vangjush Furxhi, per essere seguiti a breve da un documentario sull’artista dalle qualità particolari, la regista Xhanfize Keko.
Sig. Mevlan, la ringrazio per essere diventato oggi un amico di Albania News.
Da domanda particolare e del tutto aggiuntiva, farebbe anche una sua rapida riflessione personale su una questione che di recente, ha toccato la sensibilità dell’opinione pubblica albanese: quella sullo smantellamento dell’arsenale chimico della Siria in Albania.
Gli albanesi non fanno eccezione da nessun’ altra società europea o mondiale. Nel caso venisse a mancare la dovuta e necessaria informazione, chiunque è portato a credere immediatamente sul negativo, per cui, così come per qualsiasi altro campo vitale, è utile la raccolta dei dati precisi, mettendo da parte la superficialità, la quale da sempre è stata caratterizzata da un giudizio affrettato.
Nel caso concreto, – avendo già assistito ai danni causati in precedenza per un episodio simile – gli albanesi, avendo appunto già subito gli effetti gravi di un’esperienza tragica come quella dell’esplosione di Gërdec in Albania, certamente sono stati tentati a preoccuparsi. Alla fine, nessuno può stabilire con esattezza se è stato un bene o un male ciò che è stato vissuto.
Un “NO!” espresso dal primo ministro albanese – influenzato da diversi fattori – secondo lei, è stato giusto e coerente, oppure lei pensa che occorreva lasciare un po’ più spazio all’informazione, per poi prendere la dovuta decisione?
I popoli stessi, dalle note tradizioni democratiche e dalle solide basi economiche ed anche dalla cultura consolidata, fanno fatica ad accettare, nel caso venisse resa nota la presenza del pericolo sulla vita umana.
L’amore per la vita non distingue ne la ricchezza, ne la maestosità e ne la povertà. L’amore per la vita è universale.
Il primo ministro, non essendo escluso da ciò, ha fatto la scelta che gli è stata imposta, che a quanto pare, era la soluzione adeguata per calmare quella tensione naturale oppure provocata.
Fonte delle foto: L’Archivio Centrale Statale del Film, Tirana – Albania.
L’intervista è disponibile anche in lingua albanese , inglese