In Albania l’arte della fotografia arrivò solo 17 anni più tardi dopo la sua nascita nel 1839. L’italiano Pietro Marubi, esportò la tradizione europea della fotografia in una delle zone più sviluppate dell’Albania del XIX secolo: Scutari.
Nel 1856 Marubi aprì il primo studio fotografico albanese, per tale motivo ebbe notevole fama in tutta la penisola Balcanica. Pietro Marubi era un garibaldino, scappato da Piacenza per ragioni politiche. All’inizio si recò in Turchia, successivamente in Grecia e infine in Albania, per la precisione a Valona. In nessuno di questi luoghi riuscì ad ottenere l’asilo politico poiché implicato nell’omicidio dell’allora sindaco di Piacenza.
Nel 1856 arrivò a Scutari, dove trovò rifugio dai suoi persecutori, e qui cominciò a lavorare come fotografo. Nello stesso anno aprì lo studio fotografico chiamato “Driteshkronje”, che tradotto dal greco significa fotografia, fotos-drite e grafos-shkronje.
Pietro Marubi fu anche un eccellente scultore, architetto, pittore ma la sua passione rimase la fotografia.
Pare che la foto del guerriero Hamza Kazazi, datata 1858, sia la prima foto albanese ma le testimonianze dei discendenti Marubi chiariscono che le prime tracce della fotografia albanese risalgono al 1856. Secondo i loro documenti, la prima foto è di quell’anno, ma l’immagine o si è cancellata durante il lavoro dal fotografo, o non esiste perché i metodi di quel tempo imponevano l’uso di un vetro per parecchi negativi. Ufficialmente la data dell’inizio dell’arte fotografica albanese è l’anno 1858, con la foto di Hamza Kazazi.
Pietro Marubi fu chiamato “il mago” che incendiava materiali e liquidi per poi darti un foglio spesso dove c’eri proprio tu.
Il suo atelier si specializzò in servizi fotografici non solo per privati (ritratti di persone o di famiglie), ma negli anni ’70 Pietro (diventato nel frattempo Pjetër) eseguì dei servizi da reporter per la rivista italiana “Illustrazione Italiana” nel vilajet di Scutari.
La nuova famiglia Marubi assunse un giovane di Scutari che si chiamava Kel Kodheli per dare aiuto e qualche volta lavorava anche nello studio fotografico. Kel cominciò ad occuparsi anche delle fotografie oltre che dei lavori domestici.
Delle fotografie Marubi si parlava in tutte le regioni dell’Albania. Loro erano i fotografi preferiti di tutte le classi sociali.
Uno dei fotografi più vecchi di Scutari parla della meravigliosa arte. Secondo Angjelin Nenshatit, studente di Pietro Marubi, spesso le persone dovevano essere legate nella sedia per stare dritti durante il fissaggio della propria immagine, ed era ancora peggio se si trattava di bambini.
Nelle celluloidi di Marubi si fissò la tradizione, i paesaggi, le foto dell’aristocrazia, la corte reale, gli abiti popolari e tutta la vita albanese.
Nello Scutari di quel tempo secondo gli ordini dell’impero ottomano la donna albanese non poteva mostrarsi in foto, ma Pietro Marubi osò infrangere le tabù del tempo e riuscì a fotografare anche la donna musulmana. Questa foto è anche quella più particolare e cara di Pietro Marubi, la foto di una ragazza musulmana che ha appena tolto il velo. Molti studiosi la valorizzano non solo per la freschezza, ma anche per la bellezza vergine e fragile che rappresenta l’Albania.
Kel dei Marubi continuò la tradizione fotografica albanese. La fotografia diventa propria degli albanesi anche se la professionalità si ereditò dall’italiano Pietro Marubi.
Pietro Marubi morì nel 1903 e lasciò in eredità a Kel non solo la fotografia ma anche il suo cognome.
Kel era cresciuto in un’epoca di guerra, e quindi s’indirizzò verso un altro tipo di foto. Lui cominciò a fotografare tutte le classi sociali. Fotografò anche i mendicanti, uno dei quali era Krajl Nikolla.
Il re Zogu lo internò, ma lui fu in ogni caso il più fidato nel fissaggio dei momenti storici che dovevano restare vivi, foglie spesse in bianco e nero per essere ricordate nel tempo.
All’inizio del 900 il metodo di preparazione del negativo con colodium si è sostituito con lastre asciutte di gelatina di bromuro d’argento. Questi metodi hanno dato una qualità maggiore alla fotografia e lo studio Driteshkronja ospitò anche gli stranieri. Lo studio Marubi fu uno dei preferiti di tutti i Balcani per la fotografia professionale e sviluppo dei negativi.
Nei manoscritti della famiglia Marubi ci sono fotografie d’interesse per tutti i studiosi della fotografia. Secondo i manoscritti ci sarebbero anche foto dell’Abissinia(l’Etiopia), ma queste non si riescono a trovare nella fototeca. La fama dei Marubi non aveva confini. Gli Ulqinake, gli albanesi che vivevano a Montenegro, erano elettrizzati dalla foto di Kel Marubi. Nella foto si fissava anche la tradizione albanese al di fuori dell’Albania. I paesaggi, le persone, tutto d’albanese ad Ulqin, fermava il respiro nelle foto Marubi.
La terza generazione è rappresentata da Gegë, figlio di Kel, che negli anni ’20 si recò a Parigi dove si diplomò nello studio dei Fratelli Lumiere, presso la prima “Scuola della Foto e della Cinematografia” nel mondo. Applicò le tecniche più attuali di questa arte, utilizzò i raggi infrarossi, la solarizzazione e la foto in rilievo.
Nel 1936 Gegë vinse la medaglia d’oro nel panair di Bari, e nel 1938 lo stesso premio a Salonicco. Gega Marubi è vissuto fino nel 1984 e i ricordi sono anche più recenti. Le foto con la firma Marubi sono circa 180 mila, e tutto fu sequestrato dalla dittatura verso il 1970. I media del tempo trasmisero la notizia in cui la famiglia Marubi consegnò la fototeca allo stato per usarlo come ricchezza nazionale.
Le testimonianze ci rivelano il contrario. Nel 1970 un poeta di Scutari ordinato dal Partito Popolare obbligò Gege Marubi a consegnare la fototeca firmando illegalmente un foglio in cui regalava al governo comunista un lavoro di 150anni.
Nel frattempo i professionisti discutono sui metodi di conservazione dei 180mila negativi. I fotografi sono in dubbio tra il metodo digitale e quello su celluloidi. Molti sono dell’idea che la conservazione digitale allungherà la vita a queste foto, che non rappresentano soltanto l’Albania nei secoli ma anche la vita, la storia, la cultura etc.
Gli eredi della famiglia Marubi continuano ad abitare a Scutari anche se si dice che la dinastia Marubi finì con la morte di Gege Marubi.
Mai i fotografi Marubi si valorizzarono dagli albanesi nel modo giusto. I francesi e gli italiani invece hanno organizzato diverse esposizioni sulla bellezza di questa magnifica arte albanese. Gli albanesi si sono bastati a poche produzioni d’album fotografici e poche esposizioni. La fonoteca Marubi è riconosciuta come bene culturale di straordinario rilievo, è anche una fonte insostituibile per la conoscenza di un secolo di storia e cultura della società non soltanto albanese.
Oltre al nucleo principale costituito dalle foto della collezione Marubi, la mostra è arricchita con documenti, materiale cartografico e oggetti d’uso dell’epoca provenienti dalla Biblioteca Marciana, dal Museo Correr e da collezioni private.
Per alcuni i Marubi erano dei semplici fotografi, altri pensano che i Marubi li abbiano valutati di più gli stranieri. Ciò che conta è che nell’arco di un secolo e mezzo i Marubi hanno saputo creare un’arte magnifica!!