Si sa che dal folklore del popolo, di qualsiasi paese del mondo, sono stati creati detti, proverbi, aneddoti ecc, che tramandati di generazione in generazione, risultano sempre carichi di efficacia e veridicità, nonostante il tempo che scorre.
L’Albania ne è molto ricca sotto questo aspetto, ma ciò che intendo riportare, è un detto che iniziò a circolare sulle bocche degli albanesi solo all’inizio degli anni ’90, solo quando da qualche anno – da aprile 1985 – il dittatore era ormai morto. Eppure, tali detti popolari nascono spontaneamente. La maggior parte di essi, non è stata scritta, ma ereditata solo verbalmente, però occorre tener presente una cosa: nel caso dovesse essere stato nominato nel loro contenuto, una persona che al regime totalitario non andava a genio, anche la spontaneità dei detti popolari ne veniva compromessa, o meglio dire, oppressa.
Sembrerebbe strano a chi non conoscesse il trascorso politico e sociale dell’Albania, ma il detto, rivolto come apprezzamento nei confronti di persone altruiste e di cuore: ”Queste cose le può fare solo Madre Teresa, sei stato bravo e generoso come Madre Teresa!” solo all’inizio degli anni 90 poteva ampliarsi e pronunciarsi con soddisfazione e convinzione, con tutta la carica emotiva dei rispettivi interlocutori. Ma prima, no!
La piccola grande donna, Santa Teresa – Gonxhe Bojaxhiu – albanese di nascita per ironia della sorte, dall’Albania ha vissuto in lontananza per tutta la sua vita, con tanto rammarico. Ha vissuto lontano non solo dalla sua terra natia, ma anche dal luogo e dalla casa in Albania, dove oramai si erano trasferite da Skopje, Macedonia, la sua mamma Drane e sua sorella, Age. Nonostante i suoi vari tentativi e le richieste al governo albanese, di permetterle di far trasferire a Roma la madre ammalata negli anni ’60, questo non le è fu concesso. Lei è riuscita ad incontrarsi in Italia solo con il fratello Lazër, il quale vi era da anni, qui rifugiato. Ed è stato sempre il fratello colui che le ha dato la notizia della scomparsa della madre, senza che i figli – Madre Teresa e il fratello Lazër – la potessero vedere, tanto meno assistere.
Il regime totalitario la considerava una spia del Vaticano, per cui nei suoi confronti era intransigente. Quando nel 1989, la dittatura comunista in Albania si vide agonizzante, a Madre Teresa fu concesso di visitare finalmente l’Albania!
Con una serie di proibizioni ed impostazioni, riguardanti l’itinerario del viaggio, con l’obbligo di visitare non tutte le città che lei avrebbe scelto di visitare, di fermarsi per soli due giorni, ecc.
Ma, da allora, Madre Teresa continuò a tornare sempre più spesso in Albania e tra il 1991-1992, aprì vari centri missionari in Albania – della Congregazione fondata da lei stessa, “Missionarie della Carità” – in varie città, dove operavano le volontarie dagli abiti bianchi con strisce azzurre.
Nel 1991, nella mia città natale, Tirana, ne venero aperte due di queste case delle missionarie. Vi voglio parlare specialmente di una di esse.
Nella via che percorrevo ogni mattina per andare a scuola e per far ritorno a casa – Rruga e Elbasanit -, c’erano da entrambi i lati, due villette. Era un po’ insolito in quel periodo, dal punto di vista urbanistico, vedere tali villette. Non tanto per il lusso che ne contenevano, ma per il fatto che la maggior parte della popolazione della capitale viveva in palazzi dell’edilizia statale, nei rispettivi condomini. Ne facevano eccezione le case di un unico piano solitamente, costruite in mattonelle dette “qerpiç”, caratteristiche degli abitanti di Tirana, “I tironas”, quelli autoctoni.
Insomma, in questa via che io percorrevo ogni giorno, a “Rruga e Elbasanit”, le due villette che si trovavano una dirimpetto all’altra, pressappoco sulla stessa altezza, erano:
una, la villetta che a me da bambina impressionava tanto, e sapete perché?
Perché lì abitava uno degli esponenti dell’unico partito al potere e del governo, per cui casa sua era custodita e protetta da un militare all’ingresso, sempre con il mitra in mano e dall’aria che incuteva paura. E’ anche probabile che le sue figlie leggano questo mio racconto oggi, l’ho considerato questo fatto insomma. Alla fine, con loro frequentavamo la stessa scuola elementare, siamo coetanee.
Temevo che, da un momento all’altro, magari distratta dalle chiacchiere con le amiche, avrei oltrepassato quella linea invisibile che separava il resto della strada e la casa del leader comunista, per cui, il rischio di farmi riprendere dal militare dall’aria cupa…
L’altra villetta di due piani, era Centro del Consiglio del Quartiere – durante il totalitarismo ogni quartiere aveva un capo consigliere, rigorosamente tesserato all’unico partito al potere – per cui, anche questa emanava come istituzione, un aspetto gelido e distaccato. La popolazione si sentiva sempre sotto osservazione quando vi passava davanti, e qualsiasi mossa o semplice parola, si sapeva che questa istituzione la analizzava e filtrava e decideva che piega avrebbe preso in seguito la vita di quel determinato cittadino, perseguitato nel caso avesse mancato di rispetto all’ideologia in vigore.
Quest’ultima villetta, nel 1991, iniziammo a vederla con occhi diversi, finalmente!
Perché essa cambiò funzione, lì si trasferirono le sorelle missionarie dell’Ordine della Carità di Madre Teresa! Avevamo notato del movimento, mobili che venivano portati via, evidentemente perché le sorelle non amavano tanto i mobili di un certo valore, ma al contrario, la semplicità.
Quando passavamo lì davanti, noi ai tempi adolescenti, ci sentivamo finalmente più rilassati e non solo:
ricordo come adesso alcune di queste volontarie. L’impatto per noi, di vedere la loro presenza a Tirana, di iniziare a capire lo scopo della loro missione, di notarle per strada con i loro abiti tipici bianchi con strisce azzurre e con i sandali, a piedi scalzi, fu una novità.
Una delle novità che portava il vento del cambiamento del sistema politico in Albania.
Un giorno quando vi passai vicino, tornavo da scuola con delle amiche, una di loro uscì per salutarci e ci diede da portare a casa tanti oggetti religiosi, medagliette con la Madonnina ecc, tra cui ricordo una piccola statuetta della Madonnina che si illuminava di notte e mi dissero di regalarla a mia madre.
Così feci e mia madre quella statuetta la conserva tuttora, a distanza di 25 anni.
Finalmente Madre Teresa era tornata in Albania, dopo tanti anni di ingiusta negazione di questo sacro diritto per lei.
Finalmente, l’Albania si apriva al mondo, anche se con la dovuta sofferenza, insicurezza e fragilità.
E non intendo dire per rimanere in tema, “sofferenza”solo per la mancanza della pratica di fede o di culto religioso, ma con la tipica sofferenza e disagio che comportava l’isolamento totale di circa mezzo secolo, in vari aspetti sociali.