Un primo presidio di Slow Food in Albania, è il ristorante Mrizi i Zanave di Altin Prenga . Il nome del ristorante ci riporta subito in mente la celebre opera letteraria del grande poeta nazionale albanese degli anni trenta, Gjergj Fishta che nacque nello stesso paesino di Altin, Fishte di Zadrima/Lezhe.
E’ proprio qui, che oggi, l’appassionato cuoco fiero ed orgoglioso della sapienza millenaria delle sue terre, fa da “vetrina” ad una tradizione contadina e pastorale ancora capace di diventare protagonista principale di un riscatto economico e culturale.
Difficile dire con esattezza quanto abbia influito il celebre compaesano nelle scelte di oggi del giovane Altin. Sta di fatto che questo presidio in un piccolo paesino del nord sta diventando un punto di riferimento non solo per i numerosi clienti, connazionali e non, in cerca di prelibatezze culinari, ma anche per una nuova rete di produttori e ristoratori locali da tutto il paese che si ispirano alla stessa filosofia…
“Cucinare Albanese” secondo le tradizioni rivisitate da Altin Prenga
Quello che il grande poeta faceva con la sua poesia, Altin Prenga cerca di farlo con i sapori e i gusti di questa terra, avendo come principale strumento la limpida coscienza della propria storia e delle proprie tradizioni. “Cucinare albanese” non significa “cucinare semplice” – dice Altin.
Questi piatti della cucina povera delle montagne, tramandate nel tempo hanno tutta la complessità di una cucina rurale e pastorizia. Cucinare solo ciò che la propria terra offre, nel rispetto dei suoi gusti e dei suoi cicli stagionali, con la sola aggiunta della creatività del giovane cuoco, significa poter garantire un marchio di qualità a costi di gestione bassissimi, mantenendo prezzi accessibili a buona parte dei suoi connazionali e sostenendo la produzione agro-alimentare del Paese.
A Torino, presente venerdì scorso in un incontro organizzato da Acli Torino e IPSIA, in collaborazione con Acli Lombardia e Centro di Cultura Albanese era presente anche Altin Prenga. Siamo andati a parlarli, e a conoscerlo di persona. In seguito l’intervista rilasciata per la Redazione Piemontese di Albania News a Elvana Gjoka.
Intervista con Altin Prenga
Ti definisci un pastore….quanto c’è del pastore e quanto del cuoco nella tua attività?..
Da dove nasce la passione per la cucina?
Sono nato in un piccolo paesino dell’Albania, nel 1982 sotto il regime comunista, l’anno in cui l’Italia vinse la coppa del mondo. Mi ricordo a malapena che quando ero bambino i negozzi di paese vendevano i prodotti senza nessun marchio, la marmellata era marmellata,la pasta era pasta e basta, il formaggio quadro e il pane quadro, tutto uniforme e senza possibilità di scelta.
Mi ricordo le lamentele della mia bisnonna, allora padrona di casa,ricordando con nostalgia di quando la nostra famiglia aveva 160 pecore 100 capre 35 capi di mucche e buoi per arare. Alla caduta dell comunismo abbiamo ripreso a comperare le pecore e le capre in piccoli greggi. Il pomeriggio dopo scuola andavo sempre al pascolo fino al natale del 1998 che poi ho festeggiato in Italia.
Sono orgoglioso di essere un pastore ed appartenere ad una famiglia di pastori e coltivatori della terra. Sono mestieri nobili secondo me. La passione della cucina e del cibo è stata una “conquista” italiana. Penso che sia indispensabile per chi lavora con la qualità nel settore alimentare avere dei forti legami con la terra. Considero un enorme vantaggio l’essere un ”Cuoco contadino pastore”
L’esperienza in Italia e la decisione di tornare?
In Italia all’inizio facevo di giorno il “cattivo” meccanico e di sera il lavapiatti in un ristorante stellato Michelin in Trentino. E stato molto interessante e forse è proprio lì che mi sono innamorato della cucina e del buon cibo. Ma mio padre mi consigliò che per diventare un buon cuoco avrei dovuto apprendere l’uso e l’importanza della scelta della materia prima in cucina.
In Italia nel corso degli anni oltre alle diverse esperienze nella ristorazione, ho anche lavorato in un caseificio, in una azienda di salumi, formaggi e gastronomia, e altre piccole esperienze in aziende vinicole. Durante i dodici anni di questa esperienza italiana, ho capito il “segreto” degli italiani.
Ovunque andavo in Italia incontravo gente orgogliosa delle proprie tradizioni e che ogni giorno si sforzavano nel valorizzarle rendendole sempre più speciali. In Albania invece i ragazzi al rientro dall’Italia si buttarano nella ristorazione inserendo nella cucina locale sopratutto pizza e spaghetti altri impiantarano il nebiolo in terre albanesi.
Non afferrando cosi in nessun modo l’importanza di valorizzare ciò che era il nostro essere profondo. In questo, mi sono sentito di portare avanti una “mission” nel mio paese: portare la migliore tradizione contadina nei piatti degli albanesi.
Il nome “Mrizi i Zanave” in Albania ricorda l’opera del grande Gjergj Fishta. Quanto ha influito questa figura nel tuo tufo nel passato?
Sono orgoglioso di essere nato in questo piccolo paese dove è nato il prete francescano, nostro grande poeta nazionale. Lui è stato il presidente della commissione dell’alfabeto della lingua albanese ed al tempo è stato anche premiato con il premio Accademico d’Italia. Il nome del mio agriturismo riporta il titolo di una delle più importanti opere letterali del poeta Gjergj Fishta che tradotto vorrebbe dire “l’ombra delle Fate”.
Il tuo piatto forte? Con quale piatto ti sentiresti di rappresentare in qualche modo la cucina albanese?
Non si può rappresentare un paese con un piatto ma posso darti un piatto del mio paese. Il “peta” (piadina) croccante di farina di mais bianco di Zadrima farcita con il fegato di capretto, ortiche e con i porri.
Il suo agriturismo “Mrizi i Zanave” è oramai un punto di riferimento del Convivium Slow Food in Albania, come è nata l’idea di importare la filosofia di Slow Food a Fishte?
L’ho scoperta in Italia e mi sono innamorato subito di questa filosofia di vita. Tornato a casa ho visto l’esigenza di importarla perchè oltre ad essere un’ottima linea giusta di marketing dei nostri tempi era inoltre un “emergenza” per il mio paese.
In Italia tante realtà (Slow Food e non) va nella direzione del prodotto tipico e locale. Le politiche statali sono indirizzate nella valorizazzione del territorio. In Albania invece oggi c’è ancora una corsa verso il prodotto importato considerato più di moda,di qualità e anche più buono.
Non mangiamo melograni ma banane. Questo é una conseguenza della fame di consumismo postcomunista.
Le zone rurali sono tutte abbandonate. La gente preferisce il formaggio danese invece di quello di capra dei propri pastori, diventa quindi imperativo per noi un movimento che ribalta la tendenza e rende piacevole e trendy i nostri prodotti e ricette.
Quanto e come ha influenzato la sua piccola attività nella vita della comunità del suo paesino Fishte?
Molto direi. Nell raggio di 15 km, “Mrizi i Zanave” è una delle più importanti business. Il 75% della nostra attività attinge unicamente dalle risorse interne del nostro territorio. I miei compaesani sono anche i miei fornitori, sarebbe impossibile per me coprire il fabbisogni dell’agriturismo con i prodotti propri. Ogni mattina infatti ci sono contadini in fila davanti all’ingresso con la panna, le uova delle galline, il latte di capra e atri prodotti.
Qual’è la reazione della comunità e la loro collaborazione in questa sua iniziativa?
All’inizio non era facile ma in seguito hanno capito. Tanti di loro hanno aumentato la produzione e migliorato la qualità dei prodotti avendo cosi più guadagni per le loro famiglie. Adesso non devono fare più spostamenti per andare a vendere le loro cose in città.
Secondo lei ci sono altri ristoranti o agriturismi in Albania che potrebbero diventare nuovi presidi Slow Food?
Credo di si ma non siamo in tanti. Tutti noi, operatori del settore, dobbiamo impegnarci a migliorare e perfezionare il concetto di agriturismo, facendolo diventare più sincero e affidabile per il cliente.