È stata inaugurata ieri pomeriggio, la nuova Mostra d’Arte contemporanea Diversity, curata da professor Mauro Pratesi (Accademia Belle ARTI Firenze).
Una collettiva organizzata da ArtArtStudio & Gallery (Firenze) dell’artista albanese Armando Xhomo in collaborazione con l’associazione culturale “Mille Volti” – volti che rappresentano e raccontano paesi lontani e vicini, come Italia, Albania, Cina e Siberia.
A dare il “benvenuto” ai visitatori, sono “le Chiavi, ovvero, çelësat”, opere di un altro importante artista albanese, Alfred Mirashi Milot, il quale, alla domanda: “Che cosa rappresentano le chiavi nella sua arte”, risponde dicendo che: “rappresentano la mia storia, quella di Milot, il mio piccolo paese nell’Albania del Nord; è la storia di ogni famiglia, di ogni persona che ha dovuto lasciare la propria casa e andare oltre al pregiudizio. Sono chiavi che devono servire ad aprire soprattutto le menti” – chiavi che, in questa mostra, conducono i nostri occhi verso un celeste e giallo oro, per poi proseguire con un rosso che staglia l’immagine ingannevole del divino.
Ed è proprio appeso ad un filo di fiato, tra celeste e terrestre – nelle infinite contemplazioni di grigio, il dipinto di grande significato “In sospeso – Pezull” della pittrice di Tirana – Blerta Xhomo, la quale ha fatto della sua arte, un grido silenzioso che penetra le pareti del cuore, perché i suoi quadri, è lì che arrivano – per turbarti e sollevarti.
È questa la particolarità di ArtArtStudio & Gallery, incastrato tra il Teatro Verdi ed il Museo del Bargello, ovvero, un ponte che vuole permettere il passaggio tra popoli e culture, storie e realtà. Un luogo dove i colori possano rivestire i muri e narrare anche le tradizioni – tradizioni nelle quali vive e respira l’arte epica di Armand Xhomo.
“In questi tempi di pandemia, l’unica cosa che non si è fermata è la cultura e l’arte, ed è di ciò che abbiamo bisogno anche adesso, per poter superare la crisi di guerra” – dice il curatore Mauro Pratesi durante l’apertura della mostra, ricordando l’importanza della parola Diversity, “che non è un termine come tutti gli altri, una parola semplice per un verso, abusata per un altro, eppure affascinante: per non dire terribile. Il termine in arte e non solo, vuole esprimere la totale o parziale differenza tra i caratteri distintivi, come in questa collettiva, il valore di essere diverso, non uguale, né simile: diversità d’aspetto, di stile, di cultura, di gusto, di colore, di opinione, di formazione, come avvalorano le opere esposte in questa occasione da un nutrito gruppo di artisti, appunto, diversi tra loro”, come Liu Ruowang, Milot, Michele Stanzione, Lai Junjie, Tiziana Vanetti, Blerta Xhomo, Lyu Jianfu, Zeng Yi, Ekaterina Maltseva e Armand Xhomo.
(foto Michele Stanzione)