L’esperienza che ho vissuto qui in questi giorni è difficile ancora da metabolizzare, cioè da vedere a mente fredda, ne sono ancora troppo dentro.
Continuo a credere che questo piccolo evento locale abbia una valenza non solo internazionale, ma universale in quanto l’Arte, e non solo la sua libertà, ma la sua “possibilità” di espressione interessa (o almeno dovrebbe) interessare tutti.
Ne parlo proprio con Eol, che incontro in corridoio e che mi dice proprio questo concetto. “Qui non stiamo soltanto combattendo per un affare albanese, ma per un affare che interessa tutti. La nostra volontà di mantenere viva la nostra Cinematografia è anche un discorso contemporaneo, in tutto il mondo si sta assistendo ad un cambiamento di atteggiamento dei governi nei confronti della produzione culturale. Ovunque si nota una atteggiamento di maggiore diffidenza, di maggiore controllo e nei casi peggiori di distruzione delle realtà culturali, portatrici di valori nuovi”.
Penso al caso di Cinecittà, il nostro Kinostudio, un bene statale praticamente svenduto alle Tv commerciali e mi è tutto chiarissimo. La produzione artistica e culturale è il motore di ogni innovazione sociale e politica, ogni lotta politica ha avuto come base una teorizzazione intellettuale che ha assunto varie forme artistiche nel corso del tempo, e l’ultimo parte del secolo scorso ha avuto proprio il Cinema come forma principale di trasmissione di nuovi messaggi e nuovi valori.
Eol, continuando a parlarmi mi dice anche quali siano state le motivazioni che lo hanno spinto a ritornare in Albania, portandosi dietro moglie e figli e lasciando in Francia un lavoro sicuro e una prospettiva concreta di carriera nel Cinema.
“Vedi Flavio, quando si deve girare un film qui, negli ultimi anni si è sempre dovuto importare non soltanto macchinari, ma anche persone dall’estero per poterlo fare. La scuola serve proprio a questo, a far tornare indipendente questo paese nella produzione Cinematografica, senza ricorrere alla Francia per i direttori della fotografia o alla Germania per i macchinisti. Alcune produzioni straniere che hanno usato dei nostri studenti per lavorare a delle proprie produzioni qui li hanno poi richiamati anche in altre produzioni fuori di qui perché ne hanno apprezzato la loro professionalità. Quando noi Albanesi impariamo a fare una cosa lo facciamo per bene…”.
E il Cinema tra tutte le arti è quella che più ha bisogno di una formazione tecnica oltre che intellettuale. E questa scuola serve proprio a questo scopo.
Inoltre questo è un paese che ha avuto una sua tradizione Cinematografica e quindi una sua propria storia del Cinema che al pari di tutte le altre produzioni culturali (Letteratura, Pittura,Musica Scultura ecc.) ha lo stesso diritto di essere salvaguardata e stimolata dallo Stato stesso, che forse non ne ha capito fino in fondo la sua importanza.
Il Cinema è un arte che è anche un industria e che se sviluppata non può che giovare all’economia di un paese.
Il Cinema infatti, essendo un arte complessa si porta dietro varie infrastrutture sia produttive che distributive, e alimenta di riflesso tutte le altre forme di arte performative come la danza,il teatro e la musica ad esempio. Più film prodotti, significa oltre che più tecnici, anche più attori, più truccatori più scenografi e costumisti ecc. in una ruota che alimenta anche l’edilizia con la necessità di costruire più Cinema e teatri per permettere la diffusione dei prodotti e con essi anche l’offerta culturale aumenterebbe, più film nazionali ma anche più film dall’estero, festival internazionali, eventi artistici e quant’altro, tutto “indotto” economico da non sottovalutare.
E credo che, a pari livello, tra un film albanese e uno americano, un ragazzo di qui si andrebbe a vedere quello albanese perché ci si riconosce di più, perché è più vicino a lui e inoltre con la distribuzione contemporanea in dvd o altri mezzi di futura invenzione, questi film raggiungerebbero anche gli altri ragazzi albanesi che sono all’estero, creando altro indotto. E aumentando la produzione aumenterebbe la qualità, quindi la partecipazione a festival internazionali e con essa la visibilità di questo paese all’estero e quindi il turismo, e la ruota si allarga ancora di più.
Per fare questo c’è bisogno di tutta una progettualità nazionale, che a questo punto non sarebbe soltanto culturale ma anche economica.
Senza andare troppo lontano da qui, a Belgrado, in tempi recenti si è assistito ala nascita di un centro di produzione cinematografica di altissimo livello che ha attratto molte produzioni americane per l’alta professionalità e il basso costo della manodopera (paragonato agli standard americani) che oltre a portare soldi ha ristimolato la produzione nazionale che con i soldi ricevuti dagli americani li hanno reinvestiti nelle loro produzioni.
Insomma di soluzioni ce ne sono tante e anche gli sviluppi economici (e non stiamo parlando di spiccioli) non sarebbero affatto secondari, in un paese piccolo come l’Albania.
E non dimentichiamoci che l’industria culturale è l’industria del terzo millennio.