Gli anni 80 in Albania non erano bui come i 70, ma neanche illuminanti come i 90. Furono anni opachi ed indecifrabili. Il dittatore doveva ancora morire, eppure per certi aspetti era come se fosse già morto. Lui, che non era mai stato un amante dei mezzi di comunicazione, appariva ancora più raramente in pubblico.
Probabilmente aveva perso la vista, ma il fallimento della repubblica socialista doveva essere evidente persino a lui. Senza la sua spinta sanguinaria, il sistema che era riuscito a creare si stava inceppando, si mordeva la coda, riposava per paura. E c’erano della crepe, c’erano delle crepe ovunque. Nell’economia, nell’esercito, e anche nella cultura. Per 40 anni il Partito aveva comandato tutto, cultura compresa.
Non c’era forma d’arte dove la sua impronta non fosse visibile, fino al ridicolo. Tutte le forme artistiche si misero al servizio del Partito. Il loro scopo preciso ed espressamente richiesto era solamente quello di glorificare il Partito e/o la repubblica socialista e il nuovo uomo che questa aveva creato. La pittura, la scultura, la letteratura, la musica e il cinema dovevano essere solo un prolungamento della propaganda socialista.
E lo furono. Il talento sottomesso fino all’umiliazione, questo il Partito partorì. Fu a metà degli anni 80 che si iniziò a respirare qualcosa di nuovo. Intendiamoci, l’Albania non era né la confederazione slava e nemmeno Praga e la sua Primavera. Tutto quello che successe, più che per piani, solo per quel vuoto che il potere usa lasciare senza nessuna ragione tangibile.
‘Pallati 176’ ( Il Condominio 176 ) si inserisce perfettamente in quel vuoto. La commedia giusta al momento giusto. Narra una storia banale.Il protagonista è un operaio, tale Jovan Bregu, il quale culla un sogno tutt’altro che socialista: arrivare a diventare magazziniere della fabbrica presso la quale lavora. Conta di raggiungere questo obiettivo in modo poco socialista: combinando un matrimonio tra suo cugino e la figlia del direttore. Si presuppone che in questo modo avrà già un piede dentro, visto che ottenendo un tale legame al direttore sarà impossibile rifiutare la sua promozione.
La storia poi si sviluppa in una serie di malintesi, lettere anonime e incontri/scontri costruiti ad arte in modo da risultare assolutamente divertenti e ragione per la quale oggigiorno Pallati 176 rimane in assoluto la commedia più brillante mai rappresentata in una scena albanese. Eppure, se dobbiamo andare a cercare le ragioni del suo successo, non mi fermerei solo alla bravura degli attori e alla comicità. Credo che ad un altro livello, ci possa essere una seconda chiave di lettura, per cosi dire, politica.
Pallati 176 è politico in un modo assurdo, in un modo apolitico. Il fatto è che durante tutta la commedia mancano riferimenti, sia diretti che indiretti al Partito e/o al nuovo uomo socialista, ai progressi degli ultimi anni socialisti o a qualsiasi altra nozione che veniva inglobata come merito del Partito. Pallati diventa dunque politico solo perché non parla di politica, e in quell’Albania, in quegli anni, questo era certamente qualcosa di inaudito.
C’erano state, a onor del vero, altre commedie simili, le quali, quanto meno fino ad un certo punto della storia, prendevano una piega innovativa, per deviare, però, verso la fine: ad un certo punto i protagonisti capivano i loro errori e si trovavano a fare un’aspra autocritica, dopo la quale potevano essere riammessi nelle braccia del sistema. I loro errori, seppure grandi, servivano solo a mostrare quanto fosse comprensivo il Partito e come fosse pronto a perdonare anche errori innominabili, previa autocritica del reo.
Era questo, grosso modo, lo schema della cinematografia socialista:1- Cattivo 1 incontra Cattivo 2 e insieme si adoperano per rovesciare il sistema, Cattivo 2 viene illuminato dal Partito e cambia idea. 2- Cattivo incontra Buono il quale gli fa cambiare idea, Cattivo viene illuminato dal Partito e cambia idea.3 – Buona 1 e Buono 2 combattono il nemico esterno in nome del Partito e vincono ( preferibilmente uno dei Buoni muore )4 – Semi Cattivo ( legasi micro borghese ) ha dei dubbi ( in quanto l’Albania Socialista sta facendo passi da gigante che precedono i tempi, come parità tra sessi, parità economica eccetera ecc..) ma previo esame di coscienza e successiva autocritica torna sulla retta via.
Come diremmo oggi, erano tutti dei “happy end” e il protagonista era sempre lo stesso. Certo, questo poteva deviare ove più e ove meno rispetto alla strada socialista, ma la conclusione era il rientro nelle calorose mammelle della Madre.
Ebbene, Pallati 176 ribalta tutto questo. Nella commedia la mancanza del Partito è anche il suo fallimento. Non c’è traccia del nuovo uomo, solo di quello vecchio ( J. Bregu ), che il sistema non è riuscito a cambiare. E quando il sipario si chiude, deve essere stato un certo shock scoprire che non c’è la redenzione, che il Partito è completamente in fuorigioco e che quella appena vista è l’Albania reale, del quotidiano. Il metodo più veloce per avanzare in carriera non è né il duro lavoro né la convinzione nei propri mezzi bensì la furberia di turno. Il cioccolato è un bene di lusso nonché la cosa più preziosa che si può regalare a una donna, ma introvabile come nella commedia. La guerra delle classi – sulla quale il Partito aveva puntato tutto – viene addirittura messa in ridicolo e mostrata in tutta la sua assurdità come nessuno aveva osato fare prima.
Questo,e molto altro ancora, è stato per molti anni il significato di Pallati 176, diventata La Commedia Albanese per eccellenza. Trasmessa almeno alcune migliaia di volte dalle tivù albanesi, fa ancora la sua rispettabile percentuale di share. E questo perché, essendo una commedia senza tempo, senza confini e senza noia, é sicuramente la cosa più magica che la scatola della tivù abbia mai trasmesso.
Dico senza tempo perché P.176 riesce a fare quello che riesce solo ai capolavori: parla alla diverse generazioni, e queste lo ascoltano. E non di tutti è l’immortalità: tante parole si scordano, tanti libri marciscono e vecchi film vengono cancellati per registrare sopra la partita. La fase del riciclo in arte è una procedura piuttosto standard, ma P.176 si è messo al riparo del tempo.
Certo, ci sono film prodotti in epoca comunista che sono tutt’ora guardabili e non sono neanche pochi. Eppure le ragioni per le quali vengono visti non sono mai solo artistiche. Chi li guarda per nostalgia, chi per curiosità, chi come documento storico o come testamento, ma sono sempre di meno quelli che li guardano per i valori del film in sé. E sempre di più sono quelli che li guardano mentre si dicono che non ci credono veramente, che sanno che la storia, oltre che essere fittizia come storia, è doppiamente fittizia in quanto inserita in un contesto fittizio, quello comunista. Tutto questo meccanismo però, non scatta per P.176.
Ed è la stessa commedia che un gruppo di studenti albanesi di Torino hanno deciso di portare in scena, con la cura organizzativa di Gerarta Ballo e Blenti Shehaj e la preparazione artistica affidata all’attore albanese Artin Picari. La prima rappresentazione si è svolta il 18 giugno in piazza Carignano, a Torino. Le scene interpretate sono risultate sorprendentemente apprezzate non solo dal pubblico albanese ma anche da quello italiano, il quale ha seguito l’opera tramite booklet.
E’ stata quindi riproposta, sempre a Torino, in occasione del “Villaggio Mundial – Il villaggio dei Nuovi Cittadini”, evento di tre giorni dedicato alla Torino multiculturale. Il 16 luglio era la giornata albanese, che oltre allo spettacolo teatrale, ha offerto presentazioni di libri e dibattito sulla migrazione, musica dal vivo e una varietà di cibi e vestiti albanesi. E’ stata una piacevole serata, una di quelle che inspiegabilmente ti danno la sensazione di essere in famiglia, come un ritorno inatteso.