Il documento in alfabeto albanese è sfuggito a due catastrofi: l’incendio della chiesa di Nikaj nel 1868 e la distruzione del 1967, quando la dittatura comunista abolì la religione.
Secondo quanto riportato dal giornale albanese Shqiptarja.com, è stato scoperto un documento scritto in alfabeto albanese puro, 49 anni prima che si tenesse quel Congresso di Manastir che, tra il 14 e il 22 novembre 1908, decretò ufficialmente la nascita dell’alfabeto che viene utilizzato anche nell’Albania odierna.
Il Congresso ha sempre creato il malinteso che, prima di esso e per i 500 anni della dominazione ottomana, l’albanese non venisse scritto. In realtà, non solo la lingua albanese era usata in forma scritta, ma esistono evidenze documentate che se ne facessero anche delle traduzioni, sia in italiano che in altre lingue, decenni prima del Congresso.
Gli alfabeti di base albanesi utilizzati prima del Congresso e conservati principalmente in archivi stranieri hanno avuto pochi cambiamenti rispetto all’alfabeto unificato del XX° secolo.
E i documenti albanesi mostrano che, nonostante alcuni cambiamenti, la marcatura sonora è rimasta quasi la stessa. È anche noto che l’unificazione degli alfabeti ha avuto luogo in contemporanea con ogni lingua del mondo, ma nessun Paese nega che la sua lingua sia stata scritta e non consente ad altri di dirlo.
L’ultimo documento in lingua albanese, scoperto dal ricercatore e archivista Mark Palnikaj, dimostra che ha un alfabeto simile a quello di oggi. Ciò gli permette di sostenere, contro chi lo nega, che c’erano scuole e scrittura albanese come per qualsiasi altro alfabeto del mondo.
Il documento sopravvissuto nella chiesa di Nikaj
Mark Palnikaj racconta di un documento scritto in due lingue, albanese e italiano, da un sopravvissuto della chiesa di Nikaj che era sotto la giurisdizione della Diocesi di Shosh (attuale Prefettura di Scutari, n.d.r.).
“Questa chiesa aveva una ricca biblioteca e questo documento è sopravvissuto a due catastrofi che si sono verificate”, ha detto Palnikaj, ricordando “l’incendio della chiesa di Nikaj nel 1868 e la distruzione del 1967 quando la dittatura comunista iniziò la guerra alla religione. Dunque Shosh non era una diocesi perduta e nelle sue parrocchie si scriveva in albanese. Proprio questo documento di cui vi parlo fu scritto in albanese nel 1859, 49 anni prima del Congresso di Manastir”, dice Palnikaj intervistato da Shqiptarja.com.
Dopo aver trovato questo documento, Palnikaj ha confermato nell’APF (l’Archivio di Propaganda Fide) anche la ricchezza che aveva la chiesa di Shosh. Ciò indica che altri documenti scritti in alfabeto albanese si trovano lì.
Secondo Palnikaj nel “Fondo SC Albania, Volume 5, pagina 178 recto verso (fronte retro) si rivela l’inventario della biblioteca nella chiesa di Shoshi dell ‘8 agosto 1864, quando Fra Dario Buciarelli lo consegna a Fra Pal Berisha. Questo documento mostra che ci sono 50 titoli di libri con 94 volumi. ”
Il documento della chiesa di Nikaj, scritto l’8 maggio 1859, come si vede nella riga centrale e nell’ultima, contiene le seguenti voci in albanese:
“Me ba pojaten në kryet’ares (mendohet të jetë me ba ujitjen) = me mbjel tokën t’tan kollomoq = me da kollomoqin me kosciq = 2 kosha Pietrushin e nje kishes = mos me prek n’kastagnet as n’Ciarisht as pak në kopësht.
Kastagneti asht i Kisces. Pietrusci ka me ruit meremetis e me scund s’ka asht nja e perpiet e me dâ kestaiat permiet ( a meta) me kiscen.
Ç’ashtu me dorzan te kisces”
In italiano invece si legge: “Testimoni furano Bash Bairami alfiere di Nikaj, Asa Pera di Merturi, Arif Delija il servo. Pietrush Delia ed io Fra Antonio”. (In albanese, Dëshmitar janë Bash Bajrami Bajraktar i Nikajve, Hasan Pera nga Mërturi, Arif Delija rrogtar dhe un Frat Antoni, n.d.r.)
Mark Palnikaj ha anche recentemente scoperto un documento del 1881 nell’Archivio Francescano, uno scritto all’interno di una rivista intitolata “Memorie Varie“. Il documento risale a 27 anni prima del Congresso.
Poco tempo prima, la professoressa Ledi Shamku ha scoperto una incisione scritta in albanese su una lapide nella chiesa di Shen Premte.
Così recita: “Gjelosh Marashi 1813-1873”….
“Quanto silenzio rompe una lapide! Basta inginocchiarvisi vicino e ascoltare. Siamo circondati dai nostri segni. Abbiamo solo bisogno di occhi per vedere e anima per ascoltare”, ha scritto Ledi Shamku.