Diario di viaggio tra le vigne in Albania. Daniela: Mi emozionavo e mi rendevo conto che la patria è proprio una bellissima cosa.Quel venerdì sera il lavoro è durato più del solito. I miei colleghi, allarmati, mi fanno notare l’ora:
-Daniela, sono quasi le due, devi scappare. Perderai il pullman per Malpensa e di conseguenza anche l’aereo.
Sì, dovevo prendere il pullman delle 03.00 del mattino per Malpensa. Pioveva forte. Chiedevo al mio amico Ettore di perdonarmi; avrebbe dovuto prima accompagnarmi a casa e poi al terminal. Mentre guidi come una pazza, non puoi mica permetterti di perdere il pullman, ti passano mille pensieri per la testa: “Non ho tempo di fare una doccia, non posso dormire nel mio letto, non posso stare vicino a mia figlia…”
Alle 08.30 arrivo a Tirana che mi accoglie con un tempo splendido. Nonostante fosse il 9 novembre, brillava un sole caldo che mi ha fatto dimenticare tutta la stanchezza. Mi sono sentita fortunata: dopo aver tolto le scarpe, avevo dormito in fondo al pullman perché sapevo che probabilmente sarei potuta rincasare nella mia casa in Albania solo a tarda notte.
Mio fratello, che si trovava insieme al gruppo di colleghi e ai miei superiori italiani, ha iniziato a raccontarmi com’era andata la degustazione dei vini albanesi la sera prima.
– E’ stato un successo! I produttori con calma e voglia hanno raccontato il loro vino. C’era anche qualche membro del Ministero dell’Agricoltura, era venuto anche qualcuno dall’Università Agraria di Tirana. Ma sai qual era la cosa più bella sentita ieri sera?
– Quale?
– Che da più di vent’anni non si organizzava una degustazione del genere, con la presenza di tanti produttori albanesi. Ti sembra poco?
Di sicuro non mi sembrava poco. Ero felice perché a Tirana c’era per la seconda volta quello che in Italia e nel mondo viene considerato il guru del vino: Roberto Rabachino. Non sto qui a elencare tutte le sue cariche e la sua carriera, mi servirebbe molto tempo e spazio. Di lui si può leggere o trovare informazioni su internet. Roberto Rabachino si era prefissato di scrivere di questo viaggio in Albania per tre riviste italiane, e una di queste è addirittura distribuita a bordo di AirOne. Perciò l’articolo sulla storia viticola del mio paese e le impressioni di questo suo viaggio a breve sarebbero state lette da un viaggiatore, da un businessman, da una persona indifferente all’Albania, ma che alla fine saprà qualcosa di più sul mio paese. Che bello! Grazie Roberto!
Viaggiamo in direzione Laknas dove ci aspetta Flori Uka, un giovane produttore, che ha conseguito anche un master in enologia in Italia. La prima cosa che notiamo è un albero di ulivo; ha 1.500 anni. Le nostre macchine fotografiche hanno “corteggiato” a lungo quella meraviglia. Con pazienza Flori ci spiega l’utilità di quella pianta interrata vicino alle radici delle vigne. Veniva usata per il concime naturale e biologico, per non utilizzare prodotti chimici che avrebbero potuto alterare il gusto del chicco d’uva. Scendiamo nella sua cantina. Malgrado sia ancora in costruzione e non ci siano i contenitori in acciaio e in legno, è una bellissima cantina! A mio parere, anche molto promettente, basti pensare che è costruita a quasi 5 metri sottoterra. Ma non ero l’unica. Mentre con ogni parte del mio corpo esprimevo felicità, anche Gladys, la mia amica e giornalista specializzata in vini e distillati, non faceva che ripetere: “Bello! Bello! “
Le dico: per chi come voi che avete girato il mondo e mille cantine in Italia, forse sembra più che normale una costruzione simile, ma per me questa è una reggia. Perché io so che solo fino a ieri i miei compaesani facevano il vino dentro i contenitori di plastica, spesso neanche completamente sterilizzati.
E infatti appena usciamo, troviamo fuori il passato di quella cantina. I contenitori di plastica. Ma era il passato! Roberto in quella cantina dà un intervista per una rete della tv albanese. Mi trovavo vicino a lui, curiosa di sentire le sue parole. Il sole continuava a picchiare forte ed ero costretta a portare gli occhiali da sole. Mi erano utili anche per nascondere qualche lacrima che mi scendeva mentre lo sentivo parlare con il cuore di quello che vedeva e delle potenzialità dell’Albania. Mi emozionavo e mi rendevo conto che la patria è proprio una bellissima cosa. È una madre, un padre, un figlio, è tutto! E quando senti parlare bene del tuo paese, le lacrime non ti chiedono il permesso, scendono da sole, e tu sei costretta a “subire” e accettare. Forse loro sapevano meglio di me che alcune cose nel mio paese andavano diversamente, che forse tutte quelle possibilità elencate da Roberto potevano essere davvero realizzate. Ma potevano i miei onesti connazionali compiere tutto questo?
Proseguiamo per Marikaj, per visitare la cantina “Bardha”.
-Daniela, siamo in Albania qui, o in Italia?
-Roberto, sinceramente non lo capisco nemmeno io.
Mentre salivamo per quella strada privata asfaltata come poche altre strade statali, il cuore mi si riempiva di gioia. Bello, tutto bello! Il gestore di quella cantina, Agim Dani, è stato una vera sorpresa. Con un garbo eccezionale e con grande stile ci ha fatto fare il giro della sua cantina, questa piena di botte di legno e di acciaio. Tutto curato nei minimi dettagli. Le piante di ulivo, 680 in tutto, arricchivano il paesaggio. Mente parlava illustrandoci tutto, ho percepito l’umiltà di quella persona. “Il vino andrà in commercio solo quando la qualità sarà dignitosa!” Non è da poco sentir parlare di qualità in Albania…
Abbiamo proseguito per Ishëm per visitare la cantina “Duka”. Il panorama era indescrivibile, tantomeno in poche righe. Il tramonto sfiorava la superficie del mare e spruzzava sulle vigne un colore rossiccio magico, complici anche i colori autunnali. Le nuvole danzavano intorno al sole lasciando bellissime scie. Ma come dicevo le parole non bastano, e quindi ecco qui la foto scattata in quei momenti.
A cena eravamo ospiti del signor Duni, al ristorante “Piazza”, dove il servizio e la cucina erano impeccabili. Il vino, “Shesh i Bardhe”, è stato una nuova scoperta. Il mio paese continuava a stupirmi e mi sentivo sempre più fiera davanti ai miei amici italiani.
Ho già raccontato la fatica prima di partire. Ero in giro da più di trenta ore, ma la stanchezza era scomparsa. Stavo bene, ero felice! Potevo sempre riposarmi, prima o poi. Io non potevo e non volevo lamentarmi; i miei amici erano in giro per il mio di paese e non per il loro.
La domenica ci riserva nuove sorprese. Partiamo presto per Rrëshen. Lì ci aspetta il signor Fran Kacorri, titolare della cantina “Arberi”. Questo paesino mi ha lasciata perplessa, ma anche contenta. Mi hanno colpito i nuovi palazzi in costruzione, segnale che i cittadini volevano fermarsi là, e non scappare in massa a Tirana, ahimè tutta cementificata. Il signor Fran comincia a raccontare le tradizioni e la storia di quelle parti. Anche l’etichetta del suo vino parlava di storia. Rappresentava una chiesa di 800 anni, una chiesa che aveva resistito alle guerre in Albania (anche all’occupazione secolare dei turchi) e vicino due persone che lavorano le vigne con carri e buoi. Anche ora che la descrivo, mi trasmette ancora emozioni. Il vino racconta, ma per me, anche l’etichetta parla…
Il pranzo era da “Mrizi i Zanave” (“L’ombra delle Fate”) dal nostro amico Altin Prenga, reduce dal Salone del Gusto di Torino. Per la per la prima volta Altin ha portato l’Albania in un evento di questa portata. Inutile descrivere come sia andato il pranzo, finito quasi all’ora di cena. Uno scultore albanese Llesh Biba, attratto dalle ascendenze Incas di Gladys, voleva scattarle una foto con sua mamma, vestita con i costumi tradizionali di quelle parti. Anche lui, con la sua originalità, era motivo di fierezza per me.
Il vino che abbiamo bevuto in tutte le cantine era di qualità. Il “Kallmet” diceva: “Ci sono anch’io, come il vostro Nebbiolo!”. Il vino albanese adesso aveva una sua personalità. Non lasciamocela sfuggire!! È il nostro dovere…..
Il giorno successivo, prima di accompagnare il gruppo all’aeroporto, ho invitato tutti a prendere un caffè al tredicesimo piano di un palazzo nuovo. Tirana da lì si vedeva tutta.
-Avevi ragione, quando dicevi che è tutta cementificata……È proprio così!!!
Eccole quelle parole che non vuoi sentire, anche se sai che sono vere. Sì, la mia città è tutta mattonata….. non ci sono alberi, nè il verde dove i bambini possano giocare. Neanche io quando ero bambina non ho avuto giardini intorno a casa, ma avevo spazi enormi per giocare. Chi penserà ai nostri nipoti? Saremo giudicati da loro. Ci chiameranno animali. Ma chi rimarrà a raccontare loro che non erano tutti così, ma solo qualche sciacallo è riuscito a ridurre così la mia, la nostra città!?
Dopo la partenza del gruppo, sono rimasta per qualche giorno a Tirana. Ho spesso ripensato a quest’ultimo viaggio in giro per l’Albania. Con un senso di dolcezza struggente, ma anche di amarezza legata al futuro di queste cantine e in generale di questo settore. Ora appoggio il bicchiere pieno di nettare di bei ricordi e di prospettive rosee per la viticoltura albanese, e mi tuffo nella realtà.
LVIA l’Associazione di Solidarietà e di Cooperazione Internazionale, senza scopi di lucro, segue qualche cantina albanese nelle zone rurali più lontane. I fondi del Ministero Degli Affari Esteri Italiani, utilizzati sia per aiuti economici che per le consulenze, sono stati d’aiuto a molti produttori in Albania. Mi chiedo: E il governo albanese cosa ha fatto per i suoi agricoltori? Qualche istituzione o ente ha mai pensato di dare un’occhiata alle difficoltà di quella gente? Qualcuno può obiettare che il vino è un lusso. Eh, no, questo non lo dovete dire, tantomeno a me! Il vino è ricchezza, è storia, dobbiamo coltivare e tramandare questa cultura. Ne abbiamo il dovere!
Non possiamo pensare che debbano essere gli italiani o altri a pensare ai produttori albanesi. Noi che viviamo in Italia siamo consapevoli dei problemi che sta passando ora questo paese. Quindi ringraziando profondamente quelli che pensano a dare una mano al mio paese, ma per essere sicura che questi (tanti) soldi non andranno perduti, lancio lo stesso appello dell’agronomo viticolo Alberto Cugnetto che diceva “Tocca a voi!”. Se le fondamenta e il primo mattone sono state messe con l’aiuto dell’Italia, ora tocca a noi proseguire. Non è il caso di seguire ancora la mentalità che induce a prendere i soldi guadagnati per il momento, “tanto ci sarà poi qualcun altro che mi darà una mano”. Cerchiamo di vedere invece in questi aiuti, in questi viaggi e consulenze, il mattone del futuro. Non sprechiamolo, sarebbe un peccato. Come un vino svanito.
Ringrazio tutti i produttori albanesi, e in particolare i miei amici: Roberto Rabachino, Torres Gladys, Alberto Cugnetto e il coordinatore del progetto LVIA, Andrea Lo Iocono.
Grazie di tutto!