Il presente studio, “Un viaggio lungo una vita: l’Albania di Edith Durham, pioniera dell’etnografia di terreno ai primi del XX secolo”, fa parte del progetto di ricerca « L’image de l’Albanie à partir des récits de voyage des XIXe et XXe siècles, notamment à travers les œuvres d’Edith Durham ( High Albania, 1909), Alexandre Degrand (Souvenirs de la Haute Albanie, 1901), Ugo Ojetti (L’Albania, 1902) » in corso di svolgimento presso l’Università di Nizza Sophia Antipolis (Francia).
[author title=”Un viaggio lungo una vita: l’Albania di Edith Durham” image=”https://www.albanianews.al/wp-content/uploads/2017/08/edith_durham-1.jpg”]Lo Studio completo dal titolo “Un viaggio lungo una vita: l’Albania di Edith Durham, pioniera dell’etnografia di terreno ai primi del XX secolo” [/author]
Il testo, pubblicato in esclusiva per AlbaniaNews, traduce e integra la relazione “Un voyage qui dure toute une vie: l’Albanie d’Edith Durham, pionnière de l’ethnologie de terrain au début du XXe siècle” presentata il 3 dicembre 2011 a Bruxelles nel convegno “Voyages d’antan en terres albanaises”.Le citazioni dalle opere di Edith Durham riportate nel testo sono tradotte per la prima volta in lingua italiana.
Parte V: Da Tirana a Londra (1921)
Oltre alle registrazioni di canti popolari albanesi conservati nella British Library, nel corso di quasi venti anni di ricerche sul campo Edith Durham raccolse preziose testimonianze di cultura materiale: utensili domestici, gioielli tradizionali, interi costumi completi, ognuno dei quali costituisce un pezzo così singolare che un esperto potrebbe individuarne il fis (clan) di appartenenza.
Per ogni elemento, aveva stilato minuziose indicazioni riportanti date, luoghi di provenienza, occasioni d’uso e tutte le possibili informazioni utili a situarli nel contesto culturale di riferimento. A tutto questo si aggiungano i disegni a carboncino, dipinti e fotografie da lei realizzati fra il 1900 e il 1914.
Al suo definitivo ritorno a Londra, depositò l’intera raccolta, comprendente sia i pezzi acquistati che quelli ricevuti in dono, presso cinque musei e istituzioni culturali inglesi. 1) Tutto il materiale etnografico raccolto nelle sue ricerche fu pubblicato per la prima volta in un volume completo intitolato Some Tribal Origins (1928), una preziosa collezione completa di fotografie, mappe e illustrazioni.2) Avvicinandoci alla conclusione di questa prima ricognizione, dove, sia pur nei limiti della presente pubblicazione, si è voluto almeno dare notizia dei tratti salienti della sua figura di ricercatrice ed etnografa, finora non adeguatamente valorizzata dagli specifici studi del settore, non ci soffermeremo sulla Durham giornalista, la cui produzione è talmente ampia e di lungo periodo che richiederebbe una trattazione a parte.
Nell’arco di quasi 40 anni, scrisse per numerose testate, fra cui il Times, The Observer, The Manchester Guardian. Vogliamo però almeno accennare a uno dei suoi primi articoli, che già dal titolo dà l’idea dell’ottica relativistica con cui si accostava a popoli, culture e tradizioni.
Pubblicato il 17 marzo 1903 sulla Pall Mall Gazette, è intitolato “From an Albanian’s Point of View”. Presentare la vita quotidiana londinese “dal punto di vista di un albanese” è una prospettiva che doveva suonare alquanto originale nell’Europa occidentale del primo ‘900; e aggiungiamo pure che un titolo del genere suonerebbe alquanto “nuovo” ancora ai giorni nostri.
L’articolo racconta di un emigrato albanese a Londra, e del suo disagio nel trovarsi a vivere in una dimensione così diversa dalla sua abituale. Ne traduciamo un passo in cui Durham lascia la parola al suo intervistato. «Ora, dico io… questa Londra! Cinque milioni di persone! E quanti criminali! Oh, la tua gente è cattiva. Al mio paese sono tutte brave persone. Per esempio, sei da solo, senza soldi, stanco, affamato. Bussi a una porta: ‘Ehilà, cosa vuoi?’ ‘Ho fame’. ‘Entra’. E ti offre pane, vino, tabacco, tutto quello che vuoi. A Londra, se bussi a una porta quello ti fa ‘Fila via o chiamo le guardie!” Le sue parole mi delinearono un ritratto vivido delle sofferenze di un povero forestiero alla deriva nella nostra grande città. Ammisi che noi non avevamo capito l’ospitalità orientale, e lo resi felice, perché sentiva di aver dimostrato il suo punto di vista». 3)
Il suo ultimo viaggio in Albania avvenne nel 1921. Quella volta restò a Tirana, dove ricevette accoglienze perfino imbarazzanti per il suo carattere riservato: allorché la notizia del suo arrivo cominciò a circolare in città, fu organizzata una processione di suoni e musica fin sotto la casa in cui alloggiava.
Uscì sul balcone per ringraziare la folla che la chiamava a gran voce, ma l’emozione le spezzò le parole. Ritornata a Londra, affaticata e indebolita da problemi di salute, continuò a sostenere la causa dell’Albania con i suoi articoli giornalistici e attraverso la rete di amicizie con gli intellettuali albanesi della diaspora.
Allo scoppio della II guerra mondiale, Fan Noli le inviava dagli Stati Uniti pacchi di viveri raccolti fra gli altri amici in esilio: zucchero, tè, caffè, uova in polvere. Nel suo diario personale scrisse: “Nei miei anni trascorsi presso le popolazioni albanesi che avevano bisogno di viveri, non avrei mai immaginato che un giorno l’Albania mi avrebbe nutrito”.
Edith Durham morì a Londra il 15 novembre 1944, poco prima che il Movimento di Liberazione Nazionale di Enver Hoxha prendesse il potere. Il 21 novembre, il Times pubblicava il discorso funebre pronunciato da re Zog.
A conclusione del suo diario albanese, Edith Durham aveva trascritto una poesia di Christina Rossetti: “La speranza di cui avevo sognato era un sogno // era solo un sogno. E ora mi sveglio // Nello sconforto totale, logora, e vecchia, // Per amore di un sogno. // Appendo la mia arpa a un albero // Un salice piangente in un lago; // Appendo la mia arpa silenziosa, contorta e lacera // Per amore di un sogno. // Continua a mentire, continua a mentire, mio cuore in frantumi; // Mio cuore silenzioso, continua a mentire e spezzati: // La vita, e il mondo, e il mio stesso io, sono cambiati // Per amore di un sogno.” 4)Il 25 Febbraio è stato pubblicato la quarta parte dal titolo Archivio sonoro: le prime incisioni di canti popolari dell’Alta Albania nella British Library (1905) . Fine della quinta e ultima parte.
Note:
- June Hill, “Edith Durham as a Collector”, in John B. ALLCOCK, Antonia YOUNG, Black Lambs and Grey Falcons: Women Travellers in the Balkans, New York, Berghahn Books, 2000
- M. Edith DURHAM, Some Tribal Origins, Laws and Customs of the Balkans, London, Allen & Unwin, 1928
- M. Edith DURHAM, “From an Albanian’s Point of View”, Pall Mall Gazette, 17.3.1903, in: M. E. DURHAM Albania and Albanians. Selected Articles and Letters 1903 – 1944, Bejtullah DESTANI (ed.), London, I. B. Tauris, 2005
- John HODGSON, “Edith Durham: Traveller and Publicist”, in John B. ALLCOCK, Antonia YOUNG, Black Lambs and Grey Falcons: Women Travellers in the Balkans, New York, Berghahn Books, 2000
Bibliografia generale, aggiuntiva a quella citata nelle singole parti della presente pubblicazione:
- Edith DURHAM, “High Albania and Its Customs in 1908”, in Journal of the Royal Anthropological Institute, vol. XL, July-December, 1910, London, Harrison and Sons, 1910, pp. 453 – 472
- Melville J. HERSKOVITS, Les bases de l’anthropologie culturelle, Paris, François Maspero Editeur, 1967
- Elie RECLUS, Primitive Folk. Studies in Comparative Ethnology, New York, Scribner & Welford, 1891
- Gary W. SHANAFELT, “An English Lady in High Albania: Edith Durham and the Balkans”, in East European Quarterly, Sept. 22, 1996
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