In albanese Greci è detto Katundi, che nella lingua albanese significa “il villaggio o paese nativo”.
Riti religiosi e personalità del Comune arbëresh di Greci (Avellino)
Come noto, centinaia di famiglie, spinte dall’invasione dei turchi in terra albanese, approdarono sulla costa della Puglia e da lì si recarono a Greci e in altri luoghi e centri del Regno di Napoli e di Sicilia, portando con sé idioma e retaggio.
Il rito religioso bizantino a Greci, sempre presente in ulteriori comuni arbëresh (1), fu soppresso con azioni impositive civili e confessionali, al pari di quella del già Arcivescovo di Manfredonia, Pietro Francesco Orsini, in seguito Papa Benedetto XIII (1650-1724-30). Tali azioni comunque non pregiudicarono la conservazione dello shqip, tuttora parlato a Greci e nell’intera Arbëria.
In albanese Greci è detto Katundi, che in lingua albanese significa “il villaggio o paese nativo”.
Nel territorio di Greci si trovano molte frazioni dalle denominazioni prettamente albanesi: Sheshi Kikutë, Pilli, Fisa, Ghama Shpotit, Mali, Vreshtë, Bregu, Shkembi, Rëshkalatat, Shelqi, Proigas.
Illustri figli e originari della cittadina sono Giuseppe Vedovato (morto a 99 anni il 18 gennaio di quest’anno), storico eminente e politico italiano, nonché Joseph Joe DioGuardi (nato il 20 settembre 1940 a New York).
Joe è figlio di Giuseppe Dioguardi,emigrato da Greci nel 1929. Il newyorchese è stato già componente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti dal 1985 al 1989 e attualmente è presidente della Lega Civica Albanese-Americana (Albanian American Civic League).
Nota
(1) La Chiesa cattolica di rito bizantino-greco in Italia si divide in: Abbazia territoriale di Santa Maria di Grottaferrata (Territorialis Abbatia Beatae Mariae Cryptaeferratae), Eparchia di Lungro (Ungra) per l’Italia continentale ed Eparchia di Piana degli Albanesi (Hora e Arbëreshëvet) in Sicilia.
Quando il Regno delle Due Sicilie?
L’8 dicembre 1816, Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia emanò un decreto con il quale assunse il titolo di Ferdinando I, re delle Due Sicilie: in tal modo egli riportò in auge la antica denominazione di Rex Utriusque Siciliæ, che risaliva all’età normanna ed era stata resa ufficiale da Alfonso V d’Aragona il Magnanimo (1396-1416-1458).
La Sicilia si distaccò dalla Spagna nel 1713 per dar vita al primo regno dei Savoia; per breve tempo, in quanto dal 1718 passò all’Austria; e nel 1734, col Mezzogiorno, formò sotto i Borboni il regno delle Due Sicilie, mantenendo però i suoi ordinamenti separati. A questo punto è interessante rilevare che il nome di Due Sicilie ebbe origine dal fatto che, dopo i Vespri siciliani, tanto gli Aragonesi (effettivi sovrani di Sicilia) quanto gli Angioini (re di Napoli ma pretendenti da sempre al dominio dell’isola) portarono il titolo di re di Sicilia. Per cui, quando Alfonso V riunì in sé le due corone (1443), egli assunse il titolo di re delle Due Sicilie: alla sua morte l’unità si spezzò.
Invece, Giuseppe Napoleone Bonaparte fu solo nominalmente re delle Due Sicilie (1806-08), in quanto non aveva giurisdizione sull’isola, in mano ai Borboni; per cui, di fatto, il successore Gioacchino Murat (1808-15) ritenne solo il titolo di Re di Napoli. La Sicilia rimase ai Borboni anche nei periodi in cui questi persero il Continente (1806-15), e nel 1812 – auspice Lord William Cavendish Bentinck (1774-1839) – ebbe una costituzione parlamentare elaborata da Paolo Balsamo sul modello inglese, conservando la divisione amministrativa creata dagli Arabi quasi un millennio prima.